sabato, aprile 17, 2010

Lettera agli Amici




Carissimi,
sembra quasi che il tempo sia contro di noi.
La memoria si affievolisce, o meglio, cristallizza i bei momenti, ma una sorta di pigrizia mentale ci impedisce di cercare ancora.
Cosa è successo?! Cosa succede?!
Quale bivio abbiamo sbagliato per non riuscire più a trovare la strada di casa?!
Tutto era bello stando insieme.
Eppure ora, se ci reincontrassimo, una forma di pudore ci terrebbe ancora distanti. Temo i freddi incontri in cui, come vecchie comari ci raccontiamo i bei tempi andati, con il rammarico ed il languore per ciò che non sarà più.
E dire che c’eravamo promessi eterna amicizia, che ci saremmo sentiti e visti, scambiati gli indirizzi. Ma poi si ha quasi la vergogna di riprendere le vecchie agende e rileggere i numeri di telefono che non componiamo più da tempo. Intanto si cerca di conoscere altri e sempre si finge che sarà per sempre. Ma questo sempre dura fin quando ci si vede, poi, quando il treno è partito, si fa un respiro, si solleva il mento e si voltano le spalle e una vaga domanda sorge a fior di labbra: “Chissà se ci rivedremo più?!”; e più che una domanda è un’affermazione. Si potrebbe togliere il “chissà” e per noi avrebbe lo stesso significato. E’ l’amara coscienza che, in fondo,si ha paura di ripetere qualcosa di irripetibile, di rovinare, perpetuandola, una bellissima esperienza, l’atroce dolore se, rivedendosi, non ci si riconoscesse più.
E come potremmo?! Intanto saremmo così cambiati da sembrare altre persone, da soli o con altri, avremmo vissuto vite diverse.
E i nostri amici, cosa avranno fatto loro senza di noi?
Avranno vissuto!
E se ci reincontrassimo ci sforzeremmo di trovare frammenti divertenti, battute salaci, frugheremmo nelle monotonie delle nostre esistenze, cercando di trovare qualcosa che possa interessare anche loro che non le hanno vissute. Poi, stanchi, ci ritireremmo, ciascuno per un lato diverso, dissimulando il nostro imbarazzo per emozione, dicendoci pronti a ricontrarci ancora, ma con la profonda speranza che ciò non accada più.

D’improvviso, un giorno, da solo, scopri che in fondo puoi anche resistere alla delusione di vedere tutto cambiato, e provi!
Alzi il ricevitore formi il numero e aspetti che squilli e poi che rispondano. Alla voce che risponde computi il tuo nome, sforzandoti di ridestare nell’altro il ricordo della tua immagine, ma anche con il terrore d’essere stato inopportuno.
“Come stai?... quanto tempo … e degli altri ne sai qualcosa?...”
Ti rendi conto che stai parlando di sciocchezze.
La confidenza ha bisogno del bisbiglio di un alito fra le labbra, ha la necessità di una complicità di sguardi, di una reciprocità immediata e della vicinanza nello spazio e nel tempo, della frequenza di contatti. Il foglio di una lettere, i pochi minuti di una telefonata o l’incontrarsi dopo tanto tempo non basta, non puoi entrare nel profondo, non puoi capire né essere capito davvero. Potresti dire troppo poco, oppure, con la fretta di sintetizzare, potresti essere violento e spiazzare coloro i quali, ormai per convenzione si aspettano una conversazione normale: le classiche banalità che si raccontano i vecchi amici.

Già! Proprio così: vecchi!
Non ci si rende conto e non si vuole accettare che il tempo trasforma tutto e tutti.
Gli amici non dovrebbero avere alcun appellativo: né nuovi né tantomeno vecchi, né veri né falsi, né buoni né cattivi.
Gli amici dovrebbero essere solo amici.
Ma come si fa!

La vita ti porta a conoscere persone, con cui dividi parte della tua esistenza, e poi ti porta altrove, magari solo lontani di pochi passi, ma già altrove, da qualche altra parte, a vivere con qualcun altro, a lottare per ricominciare. E forse, in qualche modo, a cercare di dimenticare, per non soffrire oltre della mancanza di quella parte di te che hai lasciato in loro, nei tuoi amici di prima.

Dio, quanto è difficile!
Non si potrebbe restare tutti insieme per sempre, senza dover lottare contro la memoria, contro la delusione, contro il languore.

Amici miei vi amo!
Ma non ho il coraggio di dirvelo, perché il pudore d’una tale affermazione può soverchiarmi e può sconvolgere chi lo riceve.
Non voglio che nessuno si senta in debito con me per l’amore che ho verso di voi. E forse, proprio per questo non vi spedirò mai questa mia lettera, ma è stato per me importante scriverla (la mia segreta speranza è che, un giorno, qualcuno la legga e sappia dell’infinito bene che provo per tutti voi, Amici Miei).

Vostro,Salvo.



Questa lettera è stata scritta nel marzo del ’93…
Ora ho trovato il coraggio di spedirla …

Vi Amo Amici Miei!!!!

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